Mostre

Alfredo Müller.
Il trionfo della grafica nella Parigi della Belle Époque 

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Una consistente mostra recante questo titolo e allestita dal 16 ottobre al 27 novembre in tre sedi a Sesto Fiorentino (Centro Espositivo Antonio Berti, La Soffitta Spazio delle Arti e Rifugio Gualdo) presenta il più grande numero di incisioni di Alfredo Müller finora mai esposte, circa cento. In parallelo raccoglie altrettante opere di artisti a lui contemporanei al fine di affinare la conoscenza del contesto artistico in cui operò attivamente, durante la straordinaria e irripetibile stagione della grafica parigina tra ‘800 e ‘900. 

Prima di addentrarci in questo importante evento espositivo, vorrei ripercorrere alcune significative vicende che legano da lunga data il nome di Alfredo Müller alla Libreria Antiquaria Gonnelli, presente anche nell’albo prestatori della mostra sestese. 

 Alfredo Müller e la Libreria Antiquaria Gonnelli 

 Il fil rouge che unisce l’artista alla storica libreria fiorentina ha inizio nel marzo del 1930, quando Aldo Gonnelli ospita nella Saletta Gonnelli quella che sarà, anche se non l’ultima occasione espositiva di Müller in Italia, una vera e propria mostra monografica e l’appuntamento con un pubblico di sinceri ammiratori “che risuona come una festa di addio”, come scrive Hélène Koehl nel suo catalogo ragionato della pittura edito a Strasburgo nel 2017. 

Della mostra è conservato il pieghevole dell’invito con l’elenco delle opere esposte: 22 dipinti e 7 incisioni. Tra quest’ultime due raffigurano l’attrice Suzanne Desprès e con Le confidenze (Les Confidences) ci riportano all’attività dell’artista a Parigi risalente circa un trentennio prima. Evidentemente 

l’intenzione era di presentare l’artista sia come pittore che come incisore, senza che queste due attività si escludessero a vicenda anche se la seconda era più lontana nel tempo, quando Alfred Muller, come allora era denominato a Parigi, veniva scambiato per un artista di identità differente perfino da un acuto conoscitore come Vittorio Pica al momento in cui recensì per “Emporium” la Prima Esposizione Internazionale di Bianco e Nero del 1902 dove l’editore Sagot aveva inviato alcune sue stampe insieme ad altre di autori francesi per la sezione a loro dedicata nella mostra romana. Tra i dipinti esposti da Gonnelli figurava anche l’Autoritratto del 1905 che riportava comunque la memoria a quegli anni. Era come se si volesse chiudere un cerchio e chiarire molti malintesi. 

Dal registro delle firme si ricava un parterre rilevante di artisti, critici d’arte e personalità autorevoli che visitarono l’esposizione: Gustavo Sforni, Vittorio Alinari, Mario Tinti, Raffaello Franchi, Aniceto Del Massa, Edoardo Gordigiani, Luigi Gioli, Vittorio Nomellini, Romano Romanelli, Emilio Mazzoni Zarini, Pietro Parigi e tanti altri. Del Massa recensì la mostra ne “L’Illustrazione Toscana” e ricordò i contatti importantti avuti da Müller in Francia con i maggiori protagonisti dell’arte tra ‘800 e ‘900 da Degas e Renoir a Cézanne di cui fu tra i primi a capire il talento allora incompreso dai più, fino al grande mercante Vollard che per primo nel 1898 organizzò una personale al giovane emigrato nella sua galleria di Rue Laffitte. Ma il sempre più opprimente nazionalismo anche legislativo del regime fascista avrebbe fatto sì che Müller, a causa della sua nazionalità francese acquisita nel 1910, venisse presto esautorato di ogni ruolo ed emarginato dall’ufficialità. Quindi, a causa di questo clima divenuto ostile e preoccupante, nel 1932 l’artista e la moglie Marguerite decisero a malincuore di lasciare la casa di Settignano e di fare ritorno in Francia. 

Invito-pieghevole della mostra alla Saletta Gonnelli, 1930

Müller finì per cadere nell’oblio per decenni, per poi iniziare ad essere riapprofondito e rivalutato a metà anni ’70 grazie soprattutto alle ricerche di Raffaele Monti che nel 1974 curò una mostra presso la Galleria Il Mirteto di Firenze in occasione del recupero fortuito di alcune tele della serie delle Arlecchinate, a cui fecero eco gli studi di Giuliano Ercoli su “Antichità Viva”. 

La riscoperta di Müller incisore avvenne invece nel 1982 con la mostra al Museo Progressivo d’Arte Contemporanea di Livorno a cura di Mario Quesada ed Elisabetta Matucci. Ricordo che alcune stampe furono prestate per l’occasione dalla Libreria Gonnelli e quasi sicuramente provenivano da quelle acquisite da Aldo Gonnelli o a lui donate dall’artista al tempo della mostra del 1930 come ad esempio i monotipi Studio di bimbo e Ritratto di Mallarmé

Il catalogo dell’esposizione livornese fu anche per me, che lavoravo nella libreria da qualche anno e mi stavo appassionando progressivamente al mondo della grafica, il primo incontro con le incisioni di Alfredo Müller. In quel luogo magico che era appunto la vecchia libreria, dove potevo toccare con mano ogni giorno opere che mi apparivano meravigliose, sentivo accendersi il desiderio di indagare soprattutto quel mondo affascinante degli artisti di inizio ‘900 e specialmente di quelli più dimenticati dalla storia recente che proprio le ricerche di Quesada in quel campo mi stavano rivelando, come un faro illuminante. 

Catalogo della mostra di Livorno 1982

Ricordo che rimasi molto colpito dall’incisione che appariva in copertina, La liseuse eseguita per la rivista “Cocorico”, un’immagine di rara e delicata eleganza che rendeva particolarmente il sentimento di Müller per la figura femminile, tra dolcezza affettuosa e languida malinconia. Un’altra incisione che mi affascinava particolarmente era la litografia Verlaine au Procope, che già conoscevo da prima, quando fu esposta nel 1974 alla galleria Il Mirteto. Maria Pia Gonnelli l’aveva poi inserita anche nella sua mostra Il ritratto nell’Ottocento, allestita nella Saletta Gonnelli nel 1978. L’immagine del poeta maledetto al tramonto della sua esistenza, solo davanti al suo bicchiere di assenzio, era di un romanticismo struggente che affascinava il mio immaginario di ragazzo dai capelli lunghi e un po’ sognatore, perso tra lo scorrere tumultuoso della vita quotidiana e le memorie delle carte antiche che il lavoro mi faceva accarezzare ogni giorno, immaginando passati ed esistenze non vissute. 

Alfredo Müller, Verlaine au Procope, 1896, litografia a due colori

Dieci anni dopo, nel 1992, arrivarono in libreria due cataloghi espositivi della Gerhard Wurzer Gallery di Houston in Texas interamente dedicati alle incisioni di Müller che rivelavano l’interesse per l’artista negli Stati Uniti. Una vendita all’asta avvenuta in Francia a Soissons aveva disperso l’archivio messo in vendita da alcuni discendenti della famiglia, non diretti perché la coppia Müller non aveva avuto figli. Il materiale di quella vendita imboccò varie strade, approdando di mano in mano anche in Italia. 

Io stesso ne comprai a Firenze un’incisione a colori, La Petite fille au chat, raffigurante Colette Steinlen in compagnia di un gatto della colonia felina nel giardino della casa di rue Caulaincourt a Montmartre dove abitavano i Müller al piano terra e gli Steinlen al piano superiore. Nei miei viaggi a Parigi di quegli 

anni acquistavo di tanto in tanto altre incisioni per la liberia che poi apparivano nei vari cataloghi di vendita, come Les Trois soeurs con quelle tre figure femminili innamorate della musica, così eleganti e aggraziate, ma nello stesso tempo austere da farmi venire in mente i drammi di Ibsen e i quadri di Hammershøi, non conoscendo la storia e l’identità di due delle protagoniste che molto dopo ho appreso da Hélène Koehl essere le modelle di artisti celebri Marguerite Thomann, futura sposa di Müller e l’amica Stéphanie Nantas con il suo abituale abito nero, intorno al pianoforte dell’hotel Malesherbes, allora diretto da Edoardo Müller, padre di Alfredo. Ebbi la fortuna di trovare successivamente anche due litografie della serie delle Frises: Les Paons e La Neige che usammo come pannelli decorativi appesi alla ringhiera del ballatoio nella libreria che, dopo un radicale risanamento, era divenuta una sede particolarmente raffinata e moderna, pur senza perdere il suo fascino antico di luogo speciale colmo di memorie. Anche la Saletta Gonnelli, che era stata a lungo inagibile per danni condomianali, era di nuovo attiva per mostre raffinate di stampe e disegni. 

A una biennale della grafica di Palazzo Corsini a fine anni ’90 un mercante francese portò un nucleo consistente di incisioni di Müller e ne acquistammo diverse per i nostri clienti. Tra queste anche La Nonchalante che prescelsi quale immagine emblematica della donna fin-de-siècle, affascinante e misteriosa, per la locandina della mostra Le metamorfosi di Venere allestita in Saletta nel dicembre 1999. 

Alfredo Müller, Les Trois soeurs, 1897, acquaforte e acquatinta
Locandina della mostra Metamorfosi di Venere, 1999 

Nel 2011 fu la volta della mostra presso i Granai di Villa Mimbelli a Livorno curata da Francesca Cagianelli dal titolo Alfredo Müller. Un ineffabile dandy dell’impressionismo, che per la prima volta dava una visione molto consistente dell’attività sia pittorica che grafica. Mi fu affidato da lei l’incarico di curare la sezione delle incisioni e in base a mie ricerche antecedenti effettuate a Parigi nell’archivio Sagot furono rivisti alcuni titoli e cronologie della mostra livornese del 1982. Quel lavoro, in progress e non ancora definitivo, sarebbe stato ulteriormente affinato e precisato da Hélène Koehl nel suo catalogo ragionato dell’opera grafica. La conobbi per la prima volta in quell’occasione e fu l’inizio di una lunga collaborazione durata fino ad oggi. Insieme firmammo un articolo per “Nouvelles de l’Estampe” nello 

stesso 2011 e il catalogo Alfredo Müller lithographe/litografo che fu presentato in Italia proprio alla Libreria Antiquaria Gonnelli il 19 dicembre 2012. 

Nel gennaio 2015 ebbe luogo sempre presso Gonnelli la presentazione del sopra citato catalogo ragionato dell’arte grafica Alfredo Müller. Sur papier. Su carta. On Paper curato da Hélène Koehl e fu allestita in contemporanea nello spazio espositivo la mostra omaggio Alfredo Müller. Stampe, tempere, oli in occasione degli 85 anni dalla sua prima esposizione nel 1930 alla stessa Saletta Gonnelli. 

Alfredo Müller Lithographe/litografo, 2011 
Catalogo della mostra alla Saletta Gonnelli, 2015 

Tramite la donazione da parte dell’associazione Les Amis d’Alfrdo Müller peintre er graveur fondata da Hélène Koehl poco dopo la mostra livornese del 2011, due incisioni allora esposte alla Saletta Gonnelli approdarono in Francia presso importanti istituzioni: Beatrice au laurier (Da La Vie heureuse de Dante Alighieri) alla Bibliothèque Nationale de France e Marthe Mellot dans la Gitane al Musée des Beaux-Arts di Rouen. 

Durante l’attività di Gonnelli Casa d’Aste, che si è aggiunta a quella di Libreria Antiquaria da ormai oltre dieci anni, sono passate nei vari cataloghi numerose incisioni di Alfredo Müller, tra esse ben due esemplari de La Nonchalante, di cui uno bellissimo in prova unica su carta Japon, Place Blanche, forse la stampa più emblematica della vita notturna di Montmartre con il Moulin Rouge sullo sfondo e il passaggio in primo piano delle attrici Marthe Mellot e Suzanne Desprès e Le Bain dans les ruines in una rarissima prova d’artista fuori commercio che oggi è possibile ammirare nella mostra di Sesto Fiorentino. 

La mostra di Sesto Fiorentino 

L’evento espositivo di quest’anno 2022 rientra nel progetto Alto-Basso promosso dal comune di Sesto Fiorentino e organizzato da Francesco Mariani, presidente della Soffitta Spazio delle Arti di Colonnata. 

Alle due sedi abituali si è aggiunto dall’anno scorso il Rifugio Gualdo sulle colline per la strada verso Monte Morello. 

Al Centro Espositivo Antonio Berti lungo pareti completamente nere sono dislocate le opere grafiche di Alfredo Müler realizzate prevalentemente a Osny, residenza immersa nella campagna dove l’artista si era trasferito da Parigi insieme alla compagna Marguerite Thomann dal 1901 al 1903, dopo esservisi recato più volte fino dal 1898. L’idea di raccogliere insieme la tipologia e l’arco temporale di queste opere ha il suo precedente nella pubblicazione di Hélène Koehl Alfredo Müller. Osny théâtre champêtre del 2017 e nella mostra Alfredo Müller. Les années d’Osny curata dalla stessa presso il Musée Municipal William Thornley a Osny nel 2019-2020. Diverse incisioni esposte a Sesto Fiorentino raffigurano scene rurali con contadini e animali. In alcune si avverte l’omaggio a Jean François Millet e al suo linguaggio che liricizza con delicatezza sacrale, ma anche con dignitosa e profonda autenticità, il lavoro quotidiano delle classi umili nei campi. Millet era stato inoltre il fondatore della scuola di Barbizon che si era stabilta vicino alla foresta di Fontainebleau fuori Parigi. Così Müller ritirandosi a Osny trovava nella pace della natura un’ispirazione più genuina e sincera rispetto alla vita convulsa, anche se attraente, della metropoli. Questo influsso si nota particolarmente nelle acquaforti e acquetinte a colori La Rentrée du troupeau, La Fin du jour aux champs e Le Paysan et la fourche nella quale si avverte il ricordo di Le Semeur e Le Départ pour les champs di Millet, mentre nello sfondo si riconosce “la ferme à Noël” incisa da Camille 

Pissarro. In La Rentrée du trupeau si vede invece “la ferme de la Groue” (o “Ferme du Friche”) dipinta da diverse angolazioni dallo stesso Pissarro e da Gauguin. 

Alfredo Müller, La Rentrée du troupeau, 1902, acquaforte e acquatinta a colori 

Una copia fedele ad acquaforte e acquatinta di un paesaggio dipinto da Corot (oggi al Metropolitan Museum) rivela poi l’abilità di Müller nel tradurre sulla lastra incisa e colorata i dipinti dei grandi maestri, come avvenne per i Turner della National Gallery riprodotti dopo il viaggio a Londra intrapreso su incarico del mercante Pierrefort e per altre opere tratte da Watteau e Rembrandt. 

Eseguiti a Osny nel 1903 e commissionati da Edmond Sagot sono le sei Frises, ovvero dei grandi fogli decorativi litografati a colori destinati all’arredamento, la cui serie completa è esposta a Sesto Fiorentino per la prima volta. Questo tipo di opere ha una certa similarità con le suites di grandi cromolitografie realizzate da Henri Rivière con soggetti parigini e della Bretagna, nelle quali si fondono Giapponismo, Art Nouveau e Sintetismo post-impressionista. 

Se Les Paons e Les Cygnes si impongono allo sguardo per il loro immediato appeal decorativo tanto da essere anche all’epoca i fogli più stampati e venduti, gli altri soggetti della serie possiedono uno stile più narrativo ma ugualmente attraente ora per il carattere fiabesco e incantato de La Neige, ora per quello ironico di Le Quadrycicle in cui l’artista si autoritrae alla guida di un moderno veicolo a motore davanti allo sguardo attonito di una guardiana di oche. Accanto a lui siede Marguerite con cappello e veletta per pararsi dalla polvere, lo stesso copricapo che ella indossa con sguardo trasognato nella litografia Femme avec chapeau et voilette dello stesso anno esposta vicino. Infine ne La Dînette l’artista accentua un linguaggio ispirato alla semplicità ingenua e sentimentale dell’illustrazione per l’infanzia nel raffigurare un Déjeuner sur l’herbe alla Monet interpretato da quattro “Colettes”: ovvero moltiplicando più volte, come era solito fare anche prima negli anni parigini, l’effige della piccola Colette, la bambina del coinquilino Théophile-Alexandre Steinlen, il grande disegnatore svizzero che abitava nella stessa casa in rue Caulaincourt a Montmartre. La Colette di sinistra è accoccolata nella stessa posizione in cui compare sull’invito della mostra personale presso Vollard nel 1898 e ne La Petite fille au chat del 1897. 


Alfredo Müller, La Dînette, 1903, litografia a colori

Una parte dello spazio espositivo non appartiene al contesto paesaggistico di Osny, ma ci riporta al tempo in cui proprio Vollard accolse nella sua galleria di rue Laffitte il nostro giovane squattrinato, ma volenteroso e già abile incisore perfezionato nella bottega di Eugène Delâtre, organizzandogli la prima mostra a Parigi. La Vie heureuse de Dante Alighieri fu commissionata a Müller dal famoso mercante nel 1897 ed è una suite di sei acqueforti monocrome tirate in soli 12 esemplari, anch’essa esposta oggi nella sua completezza. Queste opere rappresentano un capitolo molto importante e particolare dell’attività iniziale di Müller incisore inserendosi a pieno titolo nell’ambito del Simbolismo mistico. Ad esse è accostata la litografia Dante rencontre Béatrix di Henri Martin che fu tra i primi artisti aderenti ai Salons de la Rose+Croix Esthétique, ideati dal “Sâr” Joséphin Péladan al fine di un rinnovamento artistico similare al movimento preraffaellita. La Vie heureuse de Dante Alighieri si ispira ai dipinti vitanoviani di Dante Gabriele Rossetti ma ne offre una versione molto personale e attualizzata che accoglie gli stilemi più eterodossi dell’internazionale simbolista di fine secolo con le sue implicazioni spiritualiste ed esoteriche. 

Alfredo Müller, tre acqueforti e acquetinte da La Vie heureuse de Dante Alighieri, 1898: Béatrice au laurier, Dante au lys, La Mort de Béatrice

Alla Soffitta Spazio delle Arti si entra nel vivo della produzione mülleriana degli anni di Montmartre. Le pareti rosse si prestano bene per ricreare un’atmosfera calda e accogliente di gusto bohémien. Grandi pannelli esplicativi bianchi movimentano lo spazio e focalizzano alcuni personaggi fondamentali: l’artista, Marguerite e Stéphanie – le due giovani modelle che divennero le fidanzate rispettivamente di Alfredo Müller e dell’amico Egisto Fabbri –, la piccola Colette a sua volta modella prediletta per le scene d’infanzia. Divisa in sei sezioni – Sguardo sul palco, Musica, Letture, Scene infantili, Scene femminili, Visioni simboliste – in questa ricchissima carrellata si possono ammirare i ritratti delle attrici e ballerine più famose: Sarah Bernhardt, Cléo de Merode, Marthe Mellot, Suzanne Desprès, Sada Yacco e Jane Avril. Oltre a loro anche un altro mostro sacro del teatro, l’attore rumeno Edouard De Max nel ruolo di Nerone nel Britannicus di Racine e la locandina-programma Le Balcon eseguita per il dramma del norvegese Gunnar Heiberg rappresentato dalla compagnia del teatro dell’OEuvre di Aurélien Lugné-Poe marito della Desprès. Quest’ultima compare insieme a Marthe Mellot nell’incisione a colori Place Blanche esposta in due versioni differenti: una dalla lastra completa che è stata prescelta sia per la copertina del catalogo che per il manifesto della mostra e una stampata solo parzialmente, rendendo la scena più stretta e lunga, simile ai kakemono la cui forma longitudinale è rievocata anche dal grande manifesto raffigurante l’attrice giapponese Sada Yacco, esibitasi a Parigi nel 1900 all’Esposizione Universale. 

Uno scorcio della Soffitta Spazio delle Arti con l’angolo dedicato alle attrici e al teatro

Alfredo Müller, L’Île heureuse, 1902, acquaforte e acquatinta a colori

Le visioni simboliste traslitterano queste visioni femminili nella rêverie di mondi lontani e perduti come avviene in Fragment de frise (Mytilène) o ne L’Île heureuse, una scena ambientata in un luogo di pace ideale che è un palese omaggio a Puvis de Chavannes di cui Marguerite era stata modella prediletta e che proietta in questa arcadia d sogno il lago e il tempio dell’amore nel parco di Grouchy a Osny. Anche le Le bain dans les ruines, dove tre bagnanti sono ritratte vicino alle rovine dell’antico colonnato nel parco Monceau, ha il sapore della riflessione nostalgica sulla memoria e sul tempo. Le attitudini delle bagnanti mülleriane sono cadenzate su ritmi evocativi e struggenti, i loro corpi sono magri e come spiritualizzati, molto diversi rispetto ad esempio dalle opulenze carnali delle baigneuses di Renoir o alle forme massive e geometrizzanti di quelle di Cézanne, considerate all’epoca rozze e grossolane. 

Altro tema che si può scoprire alla Soffitta è quello dei gatti che popolavano il Pavillon della casa di rue Caulancourt, soprannominato per questo motivo Cat’s Cottage. Erano la passione sfrenata di Steinlen che li raffigurava di continuo e che, attraverso il suo famoso manifesto per il cabaret Le Chat Noir, divennero l’incarnazione dello spirito libero e indipendente degli artisti di Montmartre. Un magnifico gatto nero è ritratto da Müller addormentato su un cuscino, mentre dell’acquaforte e acquatinta a tre colori Le Déjeuner du chat, eseguita come diploma dell’esposizione felina del 1902, è esposto anche il rarissimo monotipo Le Chat tigré che isola il particolare del gatto che mangia a terra. 

Sarebbe lungo elencare tutte le opere esposte alla Soffitta, ma ritengo necessario ricordare almeno altre due incisioni che personalmente ritengo tra le più affascinanti. La prima è Trois femmes che fu realizzata per l’album in onore di Zola Germinal curato da Gustave Geffroy ed edito da La Maison Moderne nel 1899. Conteneva 20 stampe a tiratura limitata e Müller si trovava nel cast dei massimi artisti francesi ed europei del periodo come Renoir, Degas, Toulouse-Lautrec, Rodin, Gauguin, Vallotton, Van Gogh, Vuillard, Denis, Carrière, Toorop, Behrens, Liebermann e Zuloaga. Trois femmes è la visione notturna di un parco dove due bambine osservano una scatola misteriosa davanti a un’istitutrice vestita di nero: le interpreti sono Stéphanie Nantas e due “Colettes”, mentre tutta la scena è avvolta in un’atmosfera enigmatica e intrigante giocata su scale cromatiche alla Whistler. 

La seconda è La Rue Saint-Vincent en hiver, una magica visione innevata della strada che da Montmartre conduceva alla campagna nella quale si avverte fortemente l’influenza giapponista, in particolare delle xilografie policrome di Hiroshige. 

Alfredo Müller, Le Déjeuner du chat, 1902, acquaforte e acquatinta a colori 
Alfredo Müller, Trois Femmes, 1899, acquaforte e acquatinta a colori
Alfredo Müller, La Rue Saint-Vincent en hiver, 1899, acquaforte e acquatinta a colori

Una sezione complementare della Soffitta offre invece una scelta mirata di fogli eseguiti dagli artisti particolarmente vicini, amici e sodali come Théophile-Alexandre Steinlen, Manuel Robbe, Eugène Delâtre e Francis Jourdain insieme ad altri legati all’ambiente della danza e del teatro a partire dalla diva più iconica in assoluto, Sarah Bernhardt, ai programmi teatrali d’avanguardia, all’editoria e alla bibliofilia con alcuni libri illustrati di Octave Uzanne, il manifesto de “La Revue blanche” e le pubblicità dell’editore Edmond Sagot con incisioni di Paul Berthon, Pierre Bonnard, Leonetto Cappiello, Jules Chéret, Maxime Dethomas, Marie-Charles Dulac, Maurice Dumont, Eugène Grasset, Alexandre Lunois, Gustave Marie, Alfons Mucha, Jan Toorop, Henri de Toulouse-Lautrec e Félix Vallotton. 

Un angolo della Soffitta con incisioni di autori vari

La terza sede della mostra è allestita nella Chiesa di San Giusto, divenuta da lungo tempo la sede espositiva del Rifugio Gualdo, che offre anche una bellissima visione panoramica delle colline che la circondano. È dedicata al trionfo della grafica nella Parigi della Belle Époque, periodo d’oro per l’arte della stampa che coinvolgeva il collezionismo d’élite, ma arrivava anche alla gente comune tramite la diffusione delle riviste popolari e quel grande museo all’aperto fruibile per tutti costituito dai manifesti appesi nei viali e nelle strade. 

Lo spazio espositivo di Gualdo, avvolto da un suggestivo silenzio, si è prestato particolarmente per creare un’ambientazione sospesa tra sacro e profano di un’epoca che era percorsa da umori multiformi e contradditori che andavano dalle più audaci sfrenatezze mondane al misticismo più assoluto. 

In un allestimento a quadreria e montate in gran parte in cornici d’epoca sono presentare affiches di grande e piccolo formato, incisioni in tutte le tecniche calcografiche, litografiche e xilografiche, illustrazioni di libri e riviste illustrate. 

Nell’abside si possono ammirare due grandi litografie a colori con le Danseuses di Louis Abel-Truchet, una veduta di Montmartre di Henri Rivière, Il grande manifesto pubblicitario per gli pneumatici Le Kosmos di Louis Oury, due grandi manifesti formato kakemono di Jules Chéret e Georges De Feure, copertine di riviste illustrate da Alfons Mucha, l’acquaforte a colori Beethoven di Leonello Balestrieri, anch’egli come Müller italien de Paris, e altro ancora. 

Louis Abel-Truchet, Le Quadrille, 1900, litografia a colori
Il Rifugio Gualdo il giorno dell’inaugurazione

Nella navata sono dispiegate opere che rivelano le varie anime di artisti legati al Simbolismo e all’Art Nouveau, come Marcel-Lenoir, che espose all’ultimo Salon de la Rose+Crois ed è rappresentato con le sue più importanti litografie a colori come Le Monstre, L’Éducation e L’Épreuve, Gorges De Feure con litografie e affiches tra cui spiccano L’Amour libre e Le Diablotin, Albert Besnard con l’acquaforte Les Morphinomanes, Carlos Schwabe con il bellissimo manifesto del primo Salon de La Rose+Croix. Nelle vetrine al centro sono collocate le riviste più famose da “Le Rire” a “L’Assiette au Beurre”, da “Au Quartier Latin” a “Le Chat Noir” e “Cocorico”. 

Molto altro ancora si può scoprire al Rifugio Gualdo che fa da contrappunto alla mostra monografica di Alfredo Müller, collocando la sua grande produzione incisoria nel quadro della straordinaria fioritura della stampa d’arte in Francia, un fenomeno dirompente e rivoluzionario che si diffuse contemporaneamente in tutt’Europa e oltre oceano. 

Marcel-Lenoir (pseudonimo di Jules Oury), Le Monstre, 1897, litografia a camaïeu
Georges de Feure, Le Diablotin, 1892, litografia a colori
Carlos Schwabe, Salon Rose+Croix, 1892, litografia

di Emanuele Bardazzi 

ALFREDO MÜLLER 

IL TRIONFO DELLA GRAFICA NELLA PARIGI DELLA BELLE ÉPOQUE 

A cura di Emanuele Bardazzi e Hélène Koehl 

Catalogo Polistampa 

Le sedi espositive: 

Rifugio Gualdo Strada panoramica Colli Alti – Sesto Fiorentino 

Centro Espositivo Antonio Berti 

Via Bernini, Sesto Fiorentino 

La Soffitta – Spazio delle Arti 

Piazza Rapisardi, Colonnata – Sesto Fiorentino 

La mostra resterà aperta fino al 27 novembre 2022. 

Orari: 

dal martedì al sabato: 16.00-19.00
domenica: 10.00-12.00 / 16.00-19.00
Info: URP Comune di Sesto Fiorentino – tel. 055 4496235
urp@comune.sesto-fiorentino.fi.it
www.comune.sesto-fiorentino.fi.it

Immagine in anteprima
Alfredo Müller, Les Paons, 1903, litografia a colori

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